COPPA UEFA 1997/98: IL RITORNO DELLA DINASTIA MORATTI

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L’avventura europea del ’97 prese le mosse da un obiettivo molto chiaro: vendicare e cancellare il trofeo clamorosamente sfuggito nella precedente stagione nella finale casalinga contro lo Schalke04. L’organico plasmato da Mazzola e Moratti per il nuovo allenatore Gigi Simoni aveva tutte le carte in regola per andare fino in fondo. La difesa fu puntellata con gli acquisti di Sartor, Colonnese e West. In mediana gli arrivi di Cauet, Ze’ Elias, Simeone promettevano di non far rimpiangere gli addii di Ince e Sforza. Moriero rappresentò la scommessa, l’ala capace di dare soluzioni diverse. In attacco il terzetto delle meraviglie europee Ganz-Djorkaeff-Zamorano veniva integrato dai giovani Kanu e Recoba e dal colpo del decennio: Luiz Nazario da Lima Ronaldo, il giocatore più forte e divertente al mondo. Le compagini più accreditate a contendere la conquista del trofeo erano Lazio, Arsenal, Ajax, Atletico Madrid(di Sacchi e Vieri) e Liverpool. Outsider Schalke04 e Deportivo La Coruna.

A 15 anni di distanza ricordo nitidamente gli emozionanti martedì sera su RaiUno con la telecronaca di Bruno Pizzul. Ogni partita era l’occasione giusta per godersi lo spettacolo nelle spettacolo: Ronaldo con i suoi dribbling funambolici ma mai fine a sé stessi, con la sua velocità abbagliante, con la sua potenza travolgente, con quella fantastica divisa dalle strisce orizzontali e lo stemma dell’Inter sullo sfondo.

I trentaduesimi di finale sono poco più di una formalità. Gli svizzeri del Neuchatel Xamax vengono spazzati via da un doppio 2-0. All’andata passiamo con un tap-in di Ronaldo e un tiro da fuori (deviato) di Ze’ Elias. Al ritorno Checco Moriero indovina una fantastica rovesciata che si insacca all’incrocio dei pali (replicherà qualche settimana dopo in un Italia-Paraguay 1-0, giocata a Parma). Infine sventagliata di Ronaldo, sponda di prima di Winter e Ganz chiude i conti bucando, con tanto di tunnel, il portiere elvetico. Intanto l’Arsenal, come nell’anno precedente, fallisce al primo turno.

Nel turno successivo l’urna di Ginevra non fu altrettanto benevola: arriva il Lione. La prima partita, a San Siro, è particolarmente sfortunata e i transalpini riescono a portare a casa un pesantissimo 1-2. Sartor coglie un clamoroso incrocio con un missile dai 25 metri e poco dopo Giuly batte Pagliuca. Nella ripresa Ganz, imbeccato dal solito Djorkaeff, pareggia. Il finale è amaro: Caveglia trasforma dagli undici metri complicando il cammino nerazzurro. Agli uomini di Simoni serve la grande impresa allo Stade de Gerland. L’Inter, schierata con Moriero e Djorkaeff a supporto di Ronaldo, inizia subito a macinare gioco ed occasioni da gol. Il vantaggio è firmato da uno straripante Moriero, abile a sfruttare un batti-e-ribatti su calcio piazzato del n.10 brasiliano. Ad inizio ripresa l’Inter ha gli occhi della tigre. Pronti via e Cauet buca Coupet dopo un lavoro di grande qualità di Djorkaeff. Malauguratamente i padroni di casa rientrano in partita pareggiando il risultato dell’andata grazie al centrale di difesa Bak. Ma in nerazzurri non ci stanno e caricano a testa bassa. Ze’ Elias si fa spazio a limite dell’aria e sferra un sinistro che si schianta sul palo, a rimorchio arriva ancora Moriero: 3-1! Al Lione servono 2 gol per passare. Pagliuca disinnesca i tentativi di Giuly e Kanoute. L’Inter tiene e mette a segno la prima grande impresa europea della stagione.

Gli ottavi di finale riservano ancora una compagine francese: lo Strasburgo, sicuramente inferiore al Lione ma comunque capace di mandare a casa il Liverpool nel turno precedente. Il primo match si gioca Oltralpe ed è durissimo. Lo Strasburgo va avanti di due reti nel primo quarto di gara grazie ad un gol in mischia di Baticle e ad una bomba su punizione da 30 metri di Ismael. Poi si apre una vera mattanza. I padroni di casa picchiano forte e usufruiscono di stupefacenti decisioni arbitrali con un gol inspiegabilmente annullato a Simeone, in posizione ampiamente regolare. Tra le fila francesi si segnala un promettente Olivier Dacourt. La partita di San Siro non regala un’altra serata fortuna allo Strasburgo. L’Inter pialla letteralmente l’avversario dal primo all’ultimo minuto sbagliando una quantità infinita di gol. Dopo una manciata di minuti Djorkaeff si procura un rigore. Ronaldo tira debolmente trovando la parata del portiere Vencel (in serata di grazia assoluta). Il Fenomeno si rifà in pochi minuti: punizione sui 30 metri, appoggio del trequartista francese, palla allungata con un tocco di suola e rasoterra incrociato di rara precisione. Galante, Djorkaeff, Ronaldo e Simeone sbattono sull’estremo portiere slovacco. Nella ripresa l’uragano nerazzurro completa la rimonta con i gol di Zanetti (al volo dal limite d’area) e Simeone (elegante dribbling in palleggio e sinistro incrociato). La squadra di Simoni, in superiorità numerica dopo l’espulsione di Dagon, continua a non concretizzare l’enorme mole di gioco prodotta sprecando l’impossibile. Finisce 3-0, altra grande impresa. Si va ai quarti.

Il destino ci offre la grande possibilità di vendetta: tocca allo Schalke04. I tedeschi nell’andata di San Siro riescono a limitare i danni alla fine di una gara di sofferenza. Al quarto d’ora sblocca Ronaldo, in una delle partite meglio giocate con la maglia nerazzurra. Il brasiliano sfrutta un appoggio a limite dell’area, brucia con velocità imbarazzante la difesa teutonica e piega le mani di Lehmann con un secco sinistro. Ronaldo fa letteralmente ammattire gli avversari che non possono fare altro che falciarlo a ripetizione. Il 4-4-1-1 di Simoni tiene bene il campo senza correre mai rischi. Ronaldo sfiora due volte il raddoppio (entrambe di testa!). Poco dopo, il numero, il trick(chiamatelo come volete) più bello che abbia mai visto. Assurdo pensare di fare un giochetto simile, folle pensare di poterlo spiegare. Parola alle immagini: http://www.youtube.com/watch?v=h7Qf5eGdUZs. L’arbitro indegnamente non decreta il rigore. Il finale è 1-0, c’è da stare in guardia nella trasferta di Gelsekirchen. Il return match scivola via senza troppi sussulti, poi al 93’ il belga Goossens(proveniente dal Genoa) indovina una parabola bellissima che si insacca all’incrocio. Per i nerazzurri oltre che con i supplementari, c’è da fare i conti anche con i vecchi fantasmi. Nell’extra-time l’Inter ritrova il bandolo della matassa e fa piangere i tedeschi. Cauet dalla destra pennella una punizione sulle treccine di Taribo West che firma l’1-1 finale. Lazio, Atletico Madrid, Spartak completano il quartetto di semifinaliste.

Tra l’Inter e la finalissima di Parigi c’è solo lo Spartak Mosca, squadra solida, un giusto mix di vecchi e giovani di talento capace di sbarazzarsi del blasonato Ajax nei quarti di finale. La partita è una delle più sfortunate che io ricordi: finisce con 33 tiri a 2 ma solo 2 gol ad 1 per l’Inter. Simoni osa con il tridente Zamorano-Djorkaeff-Ronaldo e la sua mossa intimorisce i russi. Un primo tempo stregato si chiude con lo stacco imperioso di Zamorano che spedisce la palla all’incrocio superando l’estremo difensore Filimonov. Ad inizio ripresa arriva la doccia fredda: Alenitchev finta ed entra in area, senza la necessaria opposizione, e con un esterno destro rimette la gara in equilibrio. Grande beffa. Gli sforzi nerazzurri vengono ricompensati in prossimità del 90simo da un gol rocambolesco del brasiliano Ze’ Elias. Due settimana dopo a Mosca sarà grande battaglia. Su un pantano ai limiti della praticabilità ed esteticamente indecente si svolge una sfida epica. In partenza Tikhonov scherza la difesa nerazzurra e spara sotto la traversa da posizione angolata. 1-0. L’Inter con questo risultato è fuori. La gara a tratti sembra più una lotta greco-romana, i nostri tecnici attaccanti risentono della pesantezza del terreno di gioco. Poi un abulico Ronaldo cambia marcia facendo aumentare la convinzione dell’Inter. In chiusura di tempo il Fenomeno, da insolito rapace dell’area, sfrutta un rimpallo e buca Filimonov: 1-1. I russi nella ripresa non riescono a rimettersi in partita, l’Inter gestisce le operazioni a centrocampo e punge con Ronaldo. La classe mista a potenza del brasiliano vince la sfida con un campo impossibile: sguscia via tra le maglie sovietiche, dribbla anche il portiere e deposita in rete. 1-2! L’Inter è in finale di Uefa per la quarta volta in 7 anni. L’atto finale prevede uno scontro tutto italiano con la Lazio di Eriksson uscita vittoriosa da 180 minuti serrati contro l’Atletico Madrid. Il calcio italiano conquista così la settima Coppa Uefa in 10 anni più due secondi posti (Torino e Inter).  Come se non bastasse è il terzo derby in finale nella stessa decade dopo Parma-Juve del ‘95 e Roma-Inter del ‘91.

Il 6 maggio 1998 al Parco dei Principi c’è l’atmosfera delle grandi occasioni. I due team italiani annoverano tra le loro fila diversi campioni di levatura mondiale. I pronostici sono equilibrati. L’Inter è avanti ai capitolini in campionato ma gli scontri diretti hanno mostrato una Lazio migliore. I ragazzi di Cragnotti vengono, inoltre, da una fantastica rimonta ai danni del Milan valsa la conquista della Coppa Italia solo 7 giorni prima. Simoni opta per un atipico 4-4-2 con Pagliuca, Colonnese, West, Fresi, Zanetti, Winter, Djorkeff; Ze’ Elias, Simeone, Zamorano, Ronaldo lasciando fuori Moriero, uno dei grandi protagonisti europei. Eriksson risponde con uno schema speculare: Marchegiani, Grandoni, Negro, Nesta, Favalli, Fuser, Jugovic, Venturin, Nedved, Casiraghi, Mancini. Come spesso accaduto nella gestione Simoni l’Inter parte a spron battuto. Simeone pesca Zamorano in profondità, il cileno non si lascia pregare e con un collo destro infila Marchegiani. La Lazio va in confusione, i nerazzurri brillano per qualità e coesione. A metà primo tempo Ronaldo prova uno strepitoso esterno destro che si schianta sulla traversa a Marchegiani ampiamente battuto. Nella ripresa la Lazio spinge e porge il lato alle ripartenze nerazzurre. Ancora il palo dice no all’Inter su tiro di Zamorano. La Lazio si scioglie. Zanetti raccoglie una sponda aerea di Zamorano e dal limite dell’area centra il sette con un indimenticabile destro al volo. 2-0. Sale in cattedra uno straripante Ronaldo che offre un saggio di tutto il repertorio nella sua migliore prestazione in maglia nerazzurra. E’ un susseguirsi di dribbling, giochetti di prestigio e scatti fulminanti che fanno impazzire la Lazio. Nesta passa la peggiore notte della sua carriera. http://www.youtube.com/watch?v=5iIsbikFOQw (gustatevi 4 minuti di divertimento assoluto).

Simoni inserisce Moriero per Djorkeff e due minuti dopo l’ex romanista imbecca Ronaldo sul filo del fuorigioco. Il resto è storia. Doppi passi fulminei che disorientano Marchegiani e palla in fondo al sacco. E’ vero trionfo. Cauet e Sartor rilevano Zamorano e Winter. La squadra di Eriksson si sfalda. I cartellini rossi per West e Almeyda non cambiano la sostanza. Può iniziare la festa. 32 anni dopo un Moratti torna a vincere in Europa.

COPPA UEFA 1996/97: LA GRANDE CAVALCATA DAL TRISTE EPILOGO

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L’Inter accedette alla Coppa Uefa ‘96-’97 in maniera a dir poco rocambolesca. Infatti, secondo la classifica finale della Serie A 1996 il Milan era qualificato direttamente alla Champions League mentre a Juve, Lazio, Fiorentina e Roma spettava la Uefa. Tuttavia due eventi fortunosi mutarono loro scenario. La Fiorentina vincendo la Coppa Italia guadagnò la qualificazione alla Coppa delle Coppe regalando il pass europeo alla sesta classificata(il Parma) mentre la Juve vincendo la sua prima Champions a Roma contro l’Ajax conquistò il diritto a partecipare anche l’anno seguente alla massima competizione calcistica continentale permettendo all’Inter(settima classificata) di prendere parte all’ex Coppa delle Fiere.

Ai nastri di partenza l’Inter, assieme al Bayern Monaco detentore, era sicuramente la squadra più blasonata soprattutto alla luce dei due trofei alzati contro Roma(5 anni prima) e Salisburgo(2 anni prima). La rosa a disposizione di mister Hodgson è competitiva per l’avventura europea ma globalmente non di primissimo piano: punti di forza i neoacquisti Djorkaeff e Zamorano affiancati dagli ottimi Zanetti, Ince, Ganz e Pagliuca. In regia giostrava l’altalenante Sforza affiancato dal guerriero inglese, difesa non irresistibile con i vari Fresi, Paganin, Pistone,Angloma e Galante che ruotavamo intorno al capitano(Lo Zio). Tra le 64 squadre in gara spiccavano altre compagini di rilievo come l’Arsenal di Vieira, Bergkamp, Wright e Platt o il Valencia già con la base del miracoloso biennio di Cuper. Da segnalare anche la Lazio di Nesta, Nedved e Signori e il Parma di Thuram, Buffon, Cannavaro, Crespo e Chiesa senza dimenticare il Bayern di Mattheus, Klinsmann, Kahn, Basler e l’italiano Rizzitelli e il Monaco di Barthez, Sonny Anderson, Petit, Henry, Trezeguet.

Il sorteggio dei trentaduesimi di finale è discreto: Hodgson pesca il Guingump proveniente dall’Intertoto. La gara d’andata nel piccolo impianto transalpino non ha storia: secco 0-3. Ganz apre le danze sfruttando in velocità l’incertezza del centrale difensivo avversario per poi battere il portiere con un maligno tunnel, raddoppia Djorkaeff su rigore e chiude Sforza con un tiro da fuori deviato. Il ritorno a San Siro è una pura formalità che si conclude con un insignificante 1-1 grazie alle marcature di Marco Branca in apertura e Wreh nel finale. Nelle fila del Guingamp si segnala un vivace e tecnico Vincent Candela. Il primo turno regala grandi sorprese con le clamorose eliminazioni di Arsenal e Parma per mano di Borussia Moenchegladbach e Vitoria Guimaraes. Ma la sorpresa principe arriva dall’Olympiastadion dove il Bayern del Trap campione in carica non riesce a ribaltare il netto 0-3 del Mestalla di Valencia.

I sedicesimi portano in dote il confronto con gli austriaci del Casino Graz che si riveleranno sorprendentemente ostici. Nei primi 90 minuti a Milano bisogna aspettare la fase finale per sbloccare il risultato grazie ad Angloma che con un colpo di testa perentorio infila un giovanissimo Manninger. In terra austriaca Hodgson azzarda lasciando in panchina Youri Djorkaeff e la partita si mette male: subiamo il vantaggio locale dal dischetto e rischiamo addirittura l’eliminazione con Sforza che salva sulla linea di porta nel finale. Il doppio confronto si trascina fino ai calci di rigori non senza regalare altri patemi ai nerazzurri lasciati in dieci dal secondo giallo ai danni di Ince. Dagli 11 metri l’Inter li segna tutti(Zamorano, Djorkaeff, Berti, Pistone, Fresi) e risulta decisiva la parata di Pagliuca su Dampfhofer. Il sogno continua e si rafforza anche perché un’altra grande protagonista esce di scena: la Lazio di Zeman annichilita da uno storico 5-3 del Tenerife. La Roma si inchina ai colpi dell’ex Thomas Hassler e del Khalsrue. Resta in corsa una sola italiana, peggior risultato dal 1979-80.

Per gli ottavi ci tocca l’agevole Boavista. I portoghesi (li ricorderete per la maglia stile Nazionale Piloti) vengono strapazzati sia in trasferta che a domicilio con un umiliante aggregate di 7-1. A Milano i lusitani vengono impallinati senza troppa difficoltà dai colpi di Sforza (punizione verso il centro dell’area non toccata da nessuno che si insacca e gol di rapina dopo la ribattuta del difensore avversario), di Angloma(gol rocambolesco sugli sviluppi di un corner) e di Ganz (piatto facile facile su assist di Zanetti e punizione mancina dai 30 metri, deviata). Gol della bandiera di Jimmy sul momentaneo 4-0. Due settimane dopo in Portogallo ci pensano Djorkaeff ed Ince(migliore in campo). L’Inter entra tra le prime otto e inizia a capire di avere ottime chance per la vittoria finale.

Nei quarti di finale l’accoppiamento con l’Anderlecht è impegnativo. La gara d’andata è una sofferenza lunga 90 minuti. Gli uomini di Hodgson vanno in affanno contro la mediana di qualità dei belgi con Walem, Selymes, Baseggio e Versavel. Proprio quest’ultimo sigla il meritato vantaggio belga con un fantastico tiro al volo dalla lunetta dell’area di rigore. Il gol dei padroni di casa viene impattato al 75simo da un rete tutta da raccontare. Zanetti prova la percussione e poi ‘scucchiaia’ per Branca che tenta una spettacolare rovesciata, il portiere non trattiene e Ganz insacca da vero rapace d’area di rigore. Gol pesantissimo in chiave qualificazione. A San Siro altro match duro ed equilibrato. In apertura Ganz buca l’incerto De Vlieger con un colpo di testa nell’area piccola. Il ghanese Preko mette a posto i conti alla mezz’ora. L’Inter sfonda grazie allo splendido cross di Zanetti che imbecca perfettamente il tuffo di Ganz. L’Inter è in paradiso, c’è solo un ultimo ostacolo prima della finale.

L’urna di Ginevra regala l’affascinante sfida col Monaco, squadra solida, un mix di giocatori affermati(in primis il cecchino Sonny Anderson) e ricca di giovani talenti che solo un anno dopo si laureeranno campioni del mondo. I francesi sono tranquilli, la Ligue 1 è ormai in cassaforte mentre l’Inter è impegnata nella durissima rincorsa al posto Champions occupato dal Parma. L’andata si gioca in un San Siro infuocato(in ogni senso) e l’Inter offre una prestazione maiuscola, da ricordare. Il primo tempo nerazzurro annichilisce i monegaschi: Zanetti,Ince e Sforza dominano il centrocampo per quantità e qualità sopperendo al blocco ad uomo di Djetou su Djorkaeff. Al 17simo da una furbata di capitan futuro nasce il vantaggio: l’argentino batte velocemente una punizione e un fulmineo Ganz si allarga, evitando Blondeau, e buca Barthez sul palo lontano. Il raddoppio è ovvia conseguenza della mole di gioco sviluppata dall’Inter: Ganz brucia la macchinosa retroguardia francese e trafigge un incerto Barthez che inspiegabilmente non esce dai pali. El segna semper lu piazza l’ottava realizzazione europea, terza tripletta, sarà capocannoniere della competizione. Il Monaco si sbilancia cercando di recuperare il passivo e porge il lato al contropiede avversario. Ancora Ganz fugge via e serve Zamorano che in spaccata chiude un primo tempo indimenticabile(3-0). La ripresa si apre con l’espulsione di Grimandi, reo di una violenta manata a Fresi. La partita sembra finita ma paradossalmente gli uomini di Tigana reagiscono e l’Inter inizia ad indietreggiare. Pagliuca ci mette in guantoni in più occasioni e capitola solo al 71° al gol del nigeriano Ikpeba Nosa. La gara si conclude 3-1, qualificazione tutta da conquistare. Migliore in campo Ganz, grandissime prove di Pagliuca e Zanetti. A fine gara Hodgson sbotta contro il pubblico “Non capisco i fischi del secondo tempo, non meritavano un trattamento simile ma qui succede sempre così, è dura avere soddisfazioni”. Il ritorno nel Principato è durissimo. Hodgson rilancia gli stessi 11 dell’andata ma è sofferenza per i nerazzurri. Djorkaeff, in diffida, si becca un giallo per una plateale simulazione. Ince e Pagliuca litigano in campo, la tensione è a mille. Poi due reti annullate giustamente ai padroni di casa,la seconda in maniera beffarda: Henry segna il leggero fuorigioco esulta alla stragrande con tutto lo stadio e dopo circa 30 secondi l’arbitro richiama l’attenzione per annullare il gol. Il vantaggio arriva grazie ad Ikpeba al 64simo, in realtà anche questo gol sarebbe da invalidare visto l’evidente passaggio di braccio di Scifo. Ben 6 minuti di recupero e  forcing finale con Barthez che sfiora il gol qualificazione e finisce il lacrime(immagine che anni dopo provoca moderato godimento). Pagliuca sfodera una prestazione da gigante assoluto. L’Inter torna in finale di Uefa dopo tre edizioni, la terza finale in 7 anni.  L’avversaria sarà lo Schalke 04 sbarazzatosi solo ai tempi supplementari della sorpresissima Tenerife.

Schalke 04-Internazionale è l’ultima finale di Coppa Uefa con la doppia sfida, dal 1997-98 si passerà alla finale unica. L’Inter non ci arriva nelle migliori condizioni: Hodgson aveva schierato la migliore formazione il sabato precedente la finale ma la testa era al Gelsenkirchen e il Vicenza aveva sbancato San Siro (0-1). Il Parma e il preliminare di Champions si allontanavano inesorabilmente. I tedeschi invece, dopo una cavalcata europea fortunosa e rocambolesca, ci arrivano freschi e concentrati non avendo alcun obiettivo in Bundensliga(persi nel limbo di metà classifica). Hodgson, privo degli squalificati Angloma,Djorkaeff e Ince, opta per un inspiegabile 5-3-2: Pagliuca; Bergomi Paganin Fresi Galante Pistone; Zanetti Sforza Winter; Ganz Zamorano. Lo Schalke risponde con un 3-5-1-1 in cui spiccano il belga Wilmots e il futuro portiere del Milan Jens Lehmann. L’Inter è nettamente favorita per la conquista della sua terza Coppa Uefa. Tuttavia la squadra milanese non ingrana e soffre l’acume tattico tedesco e la mobilità dei giocatori offensivi (su tutti Nemec, il Di Livio di Repubblica Ceca)ma l’assenza di punte di ruolo rende i padroni di casa poco incisivi. Ganz a fine primo tempo prova ad infilare sul primo palo un  Lehmann stranamente reattivo. Al 70° lo Schalke recupera palla su errore in uscita di Galante, Wilmots raccoglie palla, avanza indisturbato e trafigge Pagliuca dai 25 metri con un secco destro. Il tecnico inglese prova a correre ai ripari inserendo Berti per Fresi ma l’assenza del trequartista franco-armeno è troppo pesante. La gara si conclude con il minimo vantaggio teutonico, per il ritorno c’è grande fiducia. A San Siro c’è chiaramente il pubblico delle grandi occasioni ma i tedeschi sono appoggiati da una nutrita e rumorosa rappresentanza di 10mila tifosi vogliosi del primo trofeo europeo della loro storia. Hodgson ritrova la formazione ideale grazie ai rientri di Ince e Djorkaeff. L’Inter schiera nel suo 4-3-1-2  Pagliuca; Bergomi Fresi Paganin Pistone; Zanetti Sforza Ince; Djorkaeff; Zamorano Ganz. Il tecnico dei tedeschi Stevens ripropone 10/11 dell’andata con una punta di ruolo in più(Max) e un trequartista in meno (Anderbrugge). Lo Schalke serra le fila e nel primo tempo l’Inter non trova sbocchi. Il centrocampo non riesce a dare la solita vivacità mentre gli attaccanti soffrono le marcature strette di una difesa sapientemente guidata dall’esperto libero Olaf Thon. Nella ripresa il canovaccio della gara non cambia. Hodgson prova a dare la scossa inserendo Angloma per Bergomi e Winter per uno spento Sforza. La scintilla scocca all’85simo: fallo laterale di Pistone, spizzata di Ince e gol impossibile di Ivan Zamorano che in spaccata acrobatica anticipa il difensore e con la punta del destro, dal vertice dell’area piccola (col corpo rivolto verso la linea laterale del campo), infila il pallone tra il palo e Lehmann. Si va ai supplementari. Lo Schalke ha paura, l’Inter finalmente si scrolla di dosso la tensione e preme. Zamorano imbecca splendidamente Ganz che al volo scavalca il portiere avversario ma la sfera si stampa sulla traversa e per questione di centimetri Djorkaeff non trova il tap-in vincente. Al 120simo, in vista dei rigori, Hodgson sostituisce Zanetti con Berti suscitando la rabbiosa reazione del n.4 argentino. I due quasi arrivano alle mani e vengono divisi dagli altri componenti della panchina. Il pubblico rumoreggia non gradendo l’esito di un doppio match che vedeva l’Inter nettamente favorita. Dal dischetto la dea bendata volta le spalle all’Inter. Anderbrugge GOL, Zamorano PARATO, Thon GOL, Djorkaeff GOL, Max GOL, Winter FUORI, Wiltmots GOL. Finisce 1-4 dagli undici metri. San Siro manifesta tutta la sua delusione e a fine gara Hodgson rassegnerà le sue dimissioni affermando “Con questo pubblico non posso fare altrimenti”. Zanetti trova la lucidità e il buon senso per andare a chiedere pubblicamente scusa al tecnico britannico abbracciandolo sotto gli occhi di Facchetti. Dopo il trionfo del Bayern Monaco la Coppa Uefa resta in Germania, l’Inter piange per una sconfitta inaspettata ed amarissima. Nelle ultime due giornate di Serie A sulla panchina nerazzurra sedette Castellini.